Cenni storici sull’ACCADEMIA DEI SEPOLTI
(liberamente tratti da uno scritto di Giuseppe Pilastri con alcune integrazioni)
L’Accademia dei Sepolti venne fondata il 17 marzo 1597 (stile comune 1598) da quattro giovani volterrani: Francesco di Niccolò Incontri, Giovanni Villifranchi, prete e poeta, Giovan Battista Seghieri, chierico commediografo e poeta, Martino di Antonino Falconcini, dottore in medicina. Da tempo essi avevano parlato fra loro di istituire anche in Volterra un’Accademia sull’esempio di altre città e già ne avevano concretate le basi, ma occorreva un autorevole appoggio. Nel giorno suindicato si recarono al convento di S. Agostino ed esposero la loro idea al padre Guglielmo Del Bava, maestro in sacra teologia e uomo dottissimo, che divenne poi priore generale dell’ordine agostiniano. Il Del Bava approvò calorosamente l’idea e offrì ospitalità nelle stanze a lui riservate nel convento allo scopo di iniziare subito le adunanze, alle quali fece chiamare anche un altro valoroso giovane, Ottaviano Tani, medico, teologo e canonico della cattedrale.
Il giorno successivo, riunitisi di nuovo nel convento, deliberarono che l’Accademia si chiamasse dei Sepolti “non solo perché, essendo stati fino allora sepolti nell’otio e nella ignorantia, volsero seppelirsi et nelle scientie et nelli versi, ma anchora per ispaventare et atterrire gl’huomini maligni, che ardissero di voler ritirar gli academici dalla strada della virtù, dandoli ad intendere che gli academici, essendo morti al mondo e sepeliti nelle atione virtuose, da esse non si possino svolgere, non che distorre o disviare”.
Per impresa accademica “elessero una scopa carica degli operosi bachi che fanno la seta, li quali ingegnosamente operando si sepeliscono nelle opere loro, donde alla fine passano a vita più nobile, diventando di terreni et humili, candidissimi et alati, come disse Dante:
Non v’accorgete voi che noi siam vermi,
nati a formar l’angelica farfalla,
che vola alla giustizia senza schermi?”
(Purg. X, 124-126).
Stabilirono infine che il capo dell’Accademia avesse il titolo di Consolo ed elessero subito a tal carica il padre Guglielmo Del Bava.
Le stanze da lui messe a disposizione, anche per il fatto di trovarsi in un convento, non si prestavano per poter esercitare “le attioni academiche”; tuttavia i sei compagni non potevano pensare ad avere una sede propria e dovettero attendere un’occasione favorevole per il regolare funzionamento della nuova istituzione.
La prima riunione pubblica risulta essere stata fatta nella chiesa di S. Maria Maddalena, ove Francesco Incontri tenne una lezione sul sonetto “Lo cor sopra gli abissi i fondamenti” del poeta bernesco Francesco Beccuti detto il Coppetta.
Fu questo un buon esperimento, che indusse un nobile e ricco volterrano, messer Raffaello di Giulio Maffei, a venire incontro al desiderio degli accademici, assegnando loro un’ampia sala del suo palazzo. Ed a sue spese il Maffei fece costruire una cattedra a modo di sepolcro (doveva servire per i Sepolti!) nella quale fu dipinta l’insegna dell’Accademia e furono scritte le parole “Surrexere Sepulti anno 1597 “.
Si aggregarono allora all’Accademia altre diciannove persone e furono istituite altre cariche: un proconsolo, due consiglieri, un tesoriere, un cancelliere e quattro censori. Vennero inoltre compilate, in forma brevissima, le “leggi della accademia” che, riformate e completate nel 1601, regolarono definitivamente e lungamente l’istituzione letteraria.
Nella comoda sala del palazzo Maffei, la prima adunanza pubblica fu tenuta dal poeta Giovanni Villifranchi con un discorso “nell’eretione dell’academia”; seguirono poi gli altri, a turno. La domenica si leggeva e si discuteva “di belle lettere”, il giovedì “di leggi”.
Nel 1598 morì mess. Raffaello Maffei e nel 1600 suo figlio Marcantonio che gli era succeduto nella carica di consolo. Non potendo continuare ad usufruire della loro sala, gli accademici, tenuta un’adunanza nella cattedrale, decisero di chiedere le stanze già abitate dal Capitano di famiglia dei Priori: e ciò ottennero con deliberazione del consiglio generale il 26 settembre 1600.
Nel nuovo locale del pubblico palazzo dei Priori essi poterono con tutto agio continuare i loro esercizi letterari. Innanzi tutto pensarono ad eleggere “per protettrici dell’academia le ss. Attinea e Greciniana, vergini e martiri volterrane, e deliberarono fargli ogni anno le pompe, recitando un’orazione in lode loro, e publicamente, siccome l’istesso anno si fece; per ciò che l’istesso Proconsolo recitò in lode loro un panegirico, et lesse undici corti inni, e Francesco Incontri in loro onore attaccò dodici imprese, e sotto di ciascuna fu messo un madrigale del Sonnacchioso; e l’anno seguente lo fece (il panegirico) Bernardo Inghirami”.
Inoltre, non essendosi potuta riprendere la cattedra da casa Maffei, un altro ricco accademico, Attilio Incontri, fece fare a sue spese “una cattedra molto più bella della prima, secondo che gl’academici la disegnarono, la quale è a modo di sepolcro antico. Nel coperchio di essa è una statua di Voltunna, Dea già innanzi adorata da’ Volterrani, solo volendo significare la gratitudine del popolo verso l’academia, nel ritenerla nel palazzo publico; sotto di esso coperchio, dalla parte di sotto è la Poesia; davanti al corpo della cattedra le sette arti liberali con che l’academia nostra sia benigna accoglitrice di tutte. Da una delle bande è l’uscio, dall’altra le virtù morali; poi nel dietro, fra ‘l coperchio e ’1 vaso della cattedra, è Persio, quasi leggente, che nel libro suo mostra a dito questo verso “Scire tuum nihil est, nisi te scire hoc sciat alter”. Lo stesso Incontri dotò poi l’Accademia di una residenza o trono, ove dovevan sedere il consolo, il proconsolo e i consiglieri. E così l’Accademia dei Sepolti, posta in sede conveniente ed arredata, ben regolata dalle sue leggi, poté svolgere la sua attività, accrescendosi sempre di nuovi e chiari elementi.
In progresso di tempo, troviamo aggiunte altre cariche: gli ospiti, che dovevan ricevere il pubblico, dare i posti e sorvegliare il buon ordine nelle adunanze: l’architriclinio, nominato di volta in volta che l’Accademia stabiliva di fare un simposio o una refezione, a cui egli doveva soprintendere in tutto e per tutto. Nella prima adunanza del giugno, mese in cui ricorreva la festa delle sante Attinia e Greciniana, si celebravano le lodi dell’Accademia e delle sante protettrici con un discorso chiamato “orazione della cuna”.
Gli accademici venivano eletti su domanda, dopo ampia discussione sui loro meriti e coi quattro quinti dei voti; potevano però essere nominati senza domanda coloro che avessero letto nelle pubbliche adunanze e gli scienziati e letterati, anche stranieri. Seguendo il costume di altre Accademie, ciascuno degli eletti doveva scegliere e portare alla approvazione un emblema o impresa propria e uno pseudonimo che fosse in relazione al nome dei Sepolti. Si trova così esservi stato il Sotterraneo, l’Interrato, il Riposto, il Sonnacchioso, lo Spento ecc.
Dopo una non breve interruzione a causa della terribile pestilenza del 1630, l’Accademia riprese le sue esercitazioni letterarie e si assunse anche la cura di promuovere delle rappresentazioni sceniche come onesta ed utile ricreazione per la gioventù volterrana. Esisteva in Volterra un pubblico locale adibito a teatro col nome di Salone delle commedie. Nel 1642 l’Accademia vi rappresentò il lavoro drammatico musicale La Madonna di Liesse in onore della granduchessa Vittoria Della Rovere; da allora ottenne il patronato e la direzione del teatro stesso e quindi ne ebbe dal comune l’assoluta proprietà. Così tutta la produzione drammatica volterrana fu sotto le cure particolari dell’Accademia dei Sepolti; e soltanto ai primi dell’Ottocento, quel locale non essendo più adatto alle esigenze del tempo, venne ceduto ad una società cittadina, sorta col nome di Accademia dei Riuniti e con lo scopo di costruire un teatro nuovo, cosa che poi avvenne con l’edificazione del Teatro Persio Flacco nel 1820.
Quanto alle pubbliche adunanze, consistenti dapprima in orazioni a lode dell’Accademia e delle sante protettrici, in letture e illustrazioni di versi dei sommi poeti, in lezioni di diritto, logica, teologia ecc., furono poi nel ’700, col rifiorire degli studi storici, particolarmente rivolte alle ricerche di storia e di archeologia con speciale riguardo al territorio volterrano. Volterra, città etrusca per eccellenza, non poteva rimanere estranea all’etruscologia, molto più che ne aveva un degno rappresentante in mons. Mario Guarnacci, il dottissimo autore delle Origini italiche e fondatore del museo volterrano. Fu sotto il lungo consolato del Guarnacci che il Del Bava e il Cecina lessero all’Accademia i loro pregevoli lavori di interesse locale, come, poco più tardi, vi leggeva i suoi lo storico Giachi. Dalla prima metà dell’Ottocento, secondo i patti stabiliti con l’Accademia dei Riuniti, i Sepolti poterono usufruire dell’ampio saloncino annesso al nuovo teatro; qui si continuarono le letture storiche locali con l’Amidei, il Cinci, il Maffei; si pose in particolare onore la scienza agraria; dissertazioni ed esercizi poetici si alternarono con trattenimenti musicali. In ogni tempo, i migliori cittadini presero parte alla vita dell’Accademia come soci ordinari; come soci corrispondenti vi furono iscritti i nomi più chiari nelle lettere e nelle scienze. Basterà ricordare il Bandini, il Lami, il Donati, il Passeri, l’Olivieri, il Gori, il Manni, il Galluzzi, Francesco e Giovanni Inghirami, il Viesseux, il Metastasio, il Manzoni, il Guadagnoli, il Tabarrini, il Brunn, il Körte, il Carducci, il Marradi, il Del Lungo, il Pistelli, il D’Annunzio ecc…
Il Novecento non vide diminuire l’attività della vecchia accademia volterrana. I più illustri conferenzieri si avvicendarono nel saloncino del teatro, che ebbe l’onore di udire la parola del Marradi, del Ghirardini, del Fradeletto, del Flamini, ecc. Nel 1912 venne curata la pubblicazione dell’importantissimo statuto popolare dugentesco “Constitutum populi volterrani comunis”.
Durante gli anni del fascismo, l’Accademia ebbe la forza di continuare la propria operosa attività di promozione culturale.
Nel 1922 provvide ad una prima riforma del suo statuto. Nel 1924 fondò la Rassegna Volterrana, rivista di arte e di cultura che ha portato un notevole contributo di indagine storica, artistica e scientifica, e che, sempre a cura dell’Accademia, si pubblica tuttora grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra.
Nel 1928 istituì pure una “Biblioteca della Rassegna Volterrana” per la pubblicazione dei lavori che per la loro ampiezza non potessero essere accolti nella Rassegna stessa.
Nel 1930, celebrandosi in tutta Italia il quarto centenario dalla morte di Francesco Ferrucci, l’Accademia volle prender parte alle onoranze con la pubblicazione di scritti inediti sul grande capitano.
Nel 1935 l’Accademia promosse la celebrazione del diciannovesimo centenario dalla nascita del concittadino poeta Aulo Persio Fiacco, con l’ambita adesione del Ministro dell’Educazione Nazionale e del Sottosegretario agli Interni, e con l’intervento del Prefetto di Pisa, del Federale, di tutte le più alte autorità della provincia, dei rappresentanti le consorelle accademie toscane e di un numeroso gruppo dì studiosi. Le onoranze rivestirono il carattere di festa cittadina, con scelto programma di trattenimenti, ma con tutta la opportuna severità che seppe darvi la solenne seduta accademica nell’aula magna del Palazzo dei Priori e la commemorazione ufficiale tenuta da Augusto Mancini al R. Teatro Persio Fiacco.
Venendo a tempi più recenti non è difficile dimostrare quanto e come le attività dell’Accademia si siano intensificate. Per citare solo alcune delle iniziative di questi ultimi anni, ricorderemo che nel 1993 l’Accademia si è fatta promotrice di un interessante convengo a carattere storico dal titolo “Dagli albori del Comune Medievale alla rivolta antifrancese del 1799″. Nel 1998 sono stati solennemente festeggiati i quattro secoli di vita dell’Accademia con ulteriori approfondimenti sulla storia di questa istituzione. Nel 2002 è stata la volta del convegno “Mario Guarnacci (1701-1785). Un erudito toscano alla scoperta degli Etruschi”. Nel 2003 in collaborazione con la Diocesi di Volterra è stato curato dall’Accademia un convegno di studi relativo alle Sante Attinia e Greciniana, nostre patrone, ricorrendo il XVII centenario del loro martirio. Infine nel 2006 sono da ricordare le celebrazioni in memoria del Prof. Enrico Fiumi, già Consolo dell’Accademia, nel XXX anniversario della sua scomparsa.
Ancor oggi l’Accademia, riconosciuta ente morale per antico possesso di stato, è viva e partecipa da protagonista ad i maggiori eventi culturali di Volterra e del suo territorio. Essa mantiene il suo antico stemma “una scopa con bozzoli” ed il motto Operantur Sepulti; e, se pure la sua precipua attività è dedicata alla illustrazione della città di Volterra e del suo territorio sotto ogni aspetto, storico artistico scientifico, tale attività non svolge con vecchia finalità campanilistica, ma con lo scopo di contribuire, attraverso un modesto campo di ricerca municipale, alla valorizzazione del patrimonio culturale nazionale. E queste intenzioni sono dimostrate dalle sue numerose pubblicazioni.
Le attuali cariche accademiche sono le seguenti: Consolo, Segretario, Tesoriere, Ospite, due Censori, due Sindaci. Le loro nomine avvengono ogni tre anni. I soci si dividono in ordinari (residenti nel Comune di Volterra), onorari, corrispondenti: il numero degli ordinari è limitato a cinquanta, mentre, per consuetudine, il Vescovo della Diocesi di Volterra, all’atto della sua nomina alla sede vescovile, è insignito del titolo di socio onorario. L’elezione dei soci è in ogni caso demandata all’Assemblea a norma del vigente statuto.
La sede, di proprietà dell’Accademia, è in Via Buomparenti, 7, in un grazioso locale di casa Bonaguidi.